Le conseguenze dell’amore

Una visione a lungo rimandata ma finalmente portata a termine e non con poca soddisfazione. Le conseguenze dell’amore è il secondo film di Paolo Sorrentino con lo strepitoso (ancora una volta) Toni Servillo a far da mattatore di una pellicola affascinante e claustrofobica. Il film è la storia di un prigioniero; prigioniero della mafia, delle abitudini, della solitudine. Prigioniero della vita.
Titta Di Girolamo è un personaggio che non dimentichi facilmente. La sua vita sembra squallida e straziante, proprio quando scopriamo che una volta a settimana riceve una valigia piena di milioni di dollari che porta puntualmente in banca. Una volta a settimana, il mercoledì alle 10:00 di mattina si inietta nel sangue una dose di eroina. Nessuna eccezione in 24 anni. Poi, paradossalmente, una volta al mese, va in clinica per la pulizia completa del sangue. Un uomo grottesco nella sua abitudinaria normalità. Un uomo antipatico, quasi odioso, che cela dietro la sua indifferenza un animo nobile e vulnerabile. L’evoluzione del personaggio è accompagnata da un’azzeccata colonna sonora e una direzione artistica di gran qualità. L’unica pecca sono i dialoghi a tratti surreali, ma che ci conducono molto bene nel mondo lugubre e triste del Di Girolamo, che ormai straziato della ruotine, dall’insonnia e dall’insoddisfazione, si innamora della barista dell’albergo in cui vive. Un amore che gli farà prendere coscienza dei suoi schemi e della sua schiavitù.

Questa consapevolezza lo porterà alla distruzione (o alla libertà?). Gran prova del regista napoletano. Da vedere e assaporare, soprattutto nel gustoso finale, che sa offrire allo spettatore intrattenimento e spunti di riflessione.