From the insight #1

Durante tutta la vita ho sempre dovuto fare i conti con la mia natura filo-anarcoide. Non è mai stata una scelta e nemmeno un percorso pilotato da manipolazioni esterne: fa parte di me. Per questo ho dovuto ben presto abituarmi alle critiche, anche feroci, che mi venivano rivolte. Talvolta mi sono sentito isolato, emarginato, odiato. Solo ed esclusivamente per ciò che sono; per ciò che penso.

Fate attenzione, l’autentico “anarco-intellettuale”, come qualcuno potrebbe definirmi, è capace innanzitutto di capire la differenza fra necessità e costrizione; fra autenticità e manipolazione; soprattutto però, è capace di cogliere al volo l’aporia ineluttabile che si mostra quando qualcuno si auto-impone la regola di non avere regole.

Ho lavorato moltissimo, innanzitutto su me stesso, al fine di comprendere gli schemi sociologici che fanno muovere il mondo e che guidano le azioni umane; la comprensione avrebbe potuto aiutarmi a capire innanzitutto gli schemi celati dietro i miei stessi comportamenti. Ma comprendere, comprendere per davvero, è un fardello molto duro da sopportare.

La sincerità brutale, che è la naturale conseguenza, travolge tutti quelli che ti sono intorno, tutti quelli che vivono di apparenze, di comode costruzioni mentali, di salvagenti psichici legati col fil di ferro alla corteccia cerebrale. Ma l’efferata violenza della verità finisce per travolgere soprattutto te stesso. Eppure, la sincerità che salva il mondo e che porta alla verità originaria, al di là di tutto, ti lascia un senso di profonda pace nel cuore; la stessa sensazione di appagamento che si prova nella fase di riposo che segue un esasperante sforzo prolungato. Ancora una volta un processo biologico del cervello. Alla fine, tutto, si riduce sempre e solo a questo.