Ma perché urlano così tanto? Per esorcizzare la paura? Per farsi sentire? Per timore che Alessia Marcuzzi abbia problemi di udito? L’urlo è connaturato al reality, che poi è, appunto, una realtà sopra le righe, gridata, strillata. L’urlo serve per entrare in tv, per segnalare la propria presenza, per segnare il territorio, come fanno gli animali. Dove la solitudine finisce, comincia la tv e dove comincia la tv ha pure inizio il rumore della Grande Commedia.
Quest’anno poi va di moda il sociale; per questo la casa del Grande Fratello è apparsa più confortevole del solito, proprio per distinguersi da un Centro sociale. Il caso umano è più importante della persona, almeno all’inizio. Bisogna ospitare nel migliore dei modi la hostess che agitava il cappio contro la cordata dell’Alitalia e rischia ora di non essere assunta, il cieco, la barista, lo zingaro, ora cuoco ma pur sempre segnato da un’infanzia difficile, il fornaio, l’operatrice sociale orfana, il maggiordomo di casa Savoia (probabilmente quello che ha allevato Emanuele Filiberto di «Ballando con le stelle», per la serie miseria e nobiltà), la barista, l’ormeggiatore genovese, la mangiafuoco, la farmacista in evidente crisi di nervi.
A differenza della politica, che per esistere pensa solo a litigare, il reality sa bene che i problemi sociali non si risolvono mai: invecchiano, cambiano forma, passano di moda, si dimenticano. I problemi sociali fanno televisione, questo sì, e la televisione reale a volte non appare molto diversa dal reality. Solo un po’ più presuntuosa. Una società, come la nostra, fondata sul lavoro, sogna soltanto le scorciatoie per la fama. Tutto pur di non lavorare e guadagnare a scrocco (da bravi italioti). Intanto il Codacons è già intervenuto, presto sentiremo l’opinione di qualche osservatorio dei minori e l’opinione di don Mazzi. L’urlo della commedia è sempre accompagnato dal ronzio delle mosche.