La bellezza della notte

Notte del 2 giugno 2010. Mi affaccio alla finestra della mia stanza e respiro profondamente. Sembra una notte come tante ma non è così. C’è qualcosa di dolce nell’aria, qualcosa di bello. Metto addosso la prima cosa che mi capita fra le mani, indosso le scarpe senza i calzini e scendo ad ascoltare il silenzio della notte; un silenzio magico e confortante.

È tardi e tutto tace, ma la notte è appena iniziata. Così, senza una meta precisa inizio a camminare, attraversando a piedi via Roma, da solo. L’aria è così fresca e la tenue brezza notturna mi fa sentire bene per la prima volta dopo tante settimane di duro lavoro.

Proseguo tranquillo per piazza Sant’Agnese elucubrando sul fatto che è passato un sacco di tempo dall’ultima volta che ho messo piede in questi luoghi. La prospettiva dalla macchina è differente; vedi tutto in movimento e non ti soffermi sui dettagli. Ma adesso vedo. Ricordo tutto così chiaramente e la mia mente viaggia insieme alle mie gambe scorgendo i profumi e le sensazioni di un passato che non è mai svanito; era solo chiuso a chiave dentro i miei ricordi. E le strade, le piazze, il vecchio bar dove compravo le caramelle da bambino, la strada che percorrevo per andare al liceo, lo scorcio dove mi appostavo la sera, quella panchina che ospitava le prime tracce dei miei pensieri più nascosti… sembrano vivere dentro di me, come in uno slow-motion senza sonoro. Soltanto le immagini indelebili del passato e in sottofondo il battito del mio cuore.

Ricordo una vita che non mi piaceva, ma che darei tutto per rivivere ancora una volta. Ricordo il primo bacio, il primo amore, la prima rissa, la prima partita di calcetto, il primo giorno di scuola, il primo viaggio in treno, quando la vecchia stazione di Pomigliano era ancora attiva.

E così, intorpidito dalla nostalgia, rivedo quel ragazzino sensibile e smarrito, che faceva le cose per il piacere di farle, lasciandosi trasportare soltanto dalle emozioni e dalle paure. Un ragazzino tanto tenero, che vorrei stringere fra le braccia; sussurrargli all’orecchio: “ti voglio bene Andrea. Segui sempre il tuo cuore.”. Chissà se era tutto programmato da un milione di anni o sono stato io l’artefice del mio destino. Chissà se tutte le persone che sono entrate nella mia vita, i miei vecchi conoscenti, i miei vecchi amici, i miei vecchi amori, si ricordano di me. Chissà se un piccolo cambiamento, una piccola parola, un po’ di coraggio o di paura in più o in meno, avrebbero potuto cambiare tutto il corso della mia vita.

E mentre scruto il silenzio irreale dell’oscurità, passeggiando per le strade della città che è stata il palcoscenico della mia adolescenza, mi rendo conto di essere solo un altro vecchietto commosso dall’allucinante bellezza della notte.