Sei lì, passeggi tranquillo per strada, osservando il mondo che ti circonda. Ovunque tu sia, ogni cosa, ogni maledettissimo cartellone pubblicitario, bar, ufficio postale, pub, pizzeria, muretto, panchina, ti ricorda che devi possedere qualcos’altro. La società ci fornisce tutti gli stimoli di cui abbiamo bisogno per desiderare ardentemente qualcosa di nuovo, per poi gettarlo via appena l’otteniamo, giusto il tempo per renderci conto che lo bramiamo nuovamente.
L’amore funziona allo stesso modo. Pretendiamo di averlo. E il piacere poi, il piacere che proviamo a sfiorarci, baciarci, unirci, quel piacere offusca quel poco di ragione che ci resta. Lo vediamo, lo sentiamo e dunque, lo vogliamo. Ma in realtà ciò che cerchiamo è la gratificazione nell’essere ricambiati. Ogni volta che doniamo qualcosa all’altro, anche se non lo diciamo ad alta voce ma lo sussurriamo soltanto nel profondo, desideriamo essere ricambiati. Se non accadesse, tutto sarebbe destinato a sparire tanto velocemente quanto è comparso.
Non amiamo mai nessuno. Amiamo solo l’idea che ci facciamo di qualcuno. E’ un concetto nostro quello che amiamo: insomma, amiamo noi stessi.
Questo è vero in ogni tipo di amore. Nell’amore sessuale ricerchiamo un piacere nostro ottenuto tramite un corpo estraneo. Nell’amore diverso da quello sessuale, cerchiamo un piacere nostro creato per mezzo di una nostra idea. L’onanista è abietto, ma, a dire il vero, l’onanista è la perfetta logica espressione dell’amante. E’ l’unico che non finge e non si inganna.
Le relazioni fra un’anima e l’altra, attraverso cose tante certe e divergenti come le parole comuni e i gesti che si fanno, sono materia di strana complessità. Nell’atto stesso di conoscerci, ci disconosciamo. I due si dicono reciprocamente “ti amo” o lo pensano e lo sentono vicendevolmente e ognuno vuole esprimere un’idea diversa, una vita diversa, forse, persino un colore o un aroma diverso, ma nell’astratta somma di impressioni che costituisce l’attività dell’anima.Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine